ideazione e regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò con Silvia Calderoni, Stefania Tansini e R.Y.F. (Francesca Morello) alle musiche e lyrics ricerca drammaturgica Ilenia Caleo direzione tecnica e luci Simona Gallo ambienti sonori Demetrio Cecchitelli cura dello spazio Francesco Zanuccoli props e sculture sceniche in collaborazione con _vvxxii video e grafica Vladimir Bertozzi produzione Elisa Bartolucci con Francesca Raimondi |
una produzione Motus con Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Kunstencentrum Vooruit vzw (BE) e altri partner in definizione
progetto di residenza condiviso da L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale ::: Centro di Residenza Emilia-Romagna e Santarcangelo dei Teatri in collaborazione con AMAT e Comune di Fabriano con il sostegno di MiBACT, Regione Emilia-Romagna si ringrazia HĒI black fashion |
Il titolo evoca le parole di Cassandra nella riscrittura delle Troiane di Jean Paul Sarte… Una frase che già di per sé mette a nudo la traiettoria di questo nuovo progetto Motus. Da tempo avevamo desiderio di continuare lo scavo, dopo il viaggio dentro l’Antigone, fra le più scomode figure femminili del tragico che ancora oggi riverberano.
La ricerca è cominciata prima del lockdown e ora assume inevitabilmente altra luce e urgenza.
La pandemia e il disastro climatico segnano la fine di un’epoca e Le Troiane iniziano con una fine. Tragedia anomala, senza conflitto e tessitura, o meglio il conflitto c’è stato, ma è già avvenuto: Ilio è già stata distrutta. Le donne, ridotte a bottino di guerra, attendono la spartizione, di lì a poco partiranno per mare, schiave, verso territori stranieri. Non c’è trama né intreccio, solo un perpetuo evocare gli spettri del passato.
La parola di Ecuba è lamento, parola che seppellisce i morti; la parola di Cassandra rompe la stasi e dà fuoco al futuro.
Ma al centro ci sono il dolore e lo strazio del lutto, che, fuori dalla sfera personalistica, aprono una questione fortemente politica. Quali sono i corpi da piangere e quali no? Quali forme abbiamo a disposizione per esprimere il lutto, il dolore della perdita (o anche separazione dal proprio luogo d’origine, come avviene per le comunità diasporiche)?, si chiede Judith Butler in un saggio sul lutto collettivo.
Durante la pandemia, le cerimonie per i morti sono state sospese, e i corpi sono stati sepolti d’ufficio, di nascosto, in silenzio, senza saluto. Lo stesso accade per i corpi migranti morti in mare, per i clandestini o per le prostitute giustiziate dal sistema della tratta. Quali vite contano, dunque? Cosa rende una vita degna di lutto?
Ripartiamo da queste domande urticanti per costruire Tutto Brucia che sarà inevitabilmente oscuro… ma colmo di abbacinante furore.
Il debutto è previsto per l’autunno 2021