regia Daniela Nicolò e Enrico Casagrande con Silvia Calderoni (e due interpreti in definizione) collaborazione drammaturgica Ilenia Caleo e Paul B. Preciado luci Theo Longuemare fonica Martina Ciavatta sculture sceniche e maschere Nagi Gianni grafica Federico Magli |
produzione Francesca Raimondi organizzazione e logistica Shaila Chenet comunicazione Dea Vodopi promozione Ilaria Depari distribuzione internazionale Lisa Gilardino una produzione Motus con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, TPE – Festival delle Colline Torinesi, Kunstencentrum VIERNULVIER (BE) e Kampnagel (DE), residenze artistiche ospitate da AMAT, Santarcangelo Festival, Teatro Galli-Rimini, La Corte Ospitale, Rimi-Imir (NO) e Berner Fachhochschule (CH), con il sostegno di MiC, Regione Emilia-Romagna. |
My hideous progeny!
Frankenstein o Il moderno Prometeo è il tessuto connettivo di questa “nuova creatura”. Un progetto mostruoso composto dalla cucitura di diversi episodi e dal desiderio di ridare vita all’inanimato, galvanizzandolo, scomponendo e ricomponendone pezzi letterari. Uno spettacolo su Frankenstein che è esso stesso (un) Frankenstein.
La struttura a scatole cinesi del libro che Mary Shelley ha scritto a soli diciannove anni e la sua stessa biografia, che tanto si riflette nelle vicende dolorose della creatura inascoltata, sono materia da cui partire nella composizione – con la collaborazione drammaturgica di Ilenia Caleo e la scrittura originale di Paul B. Preciado. Il tema della “progenie mostruosa” che Shelley ha ideato per prima – facendo un balzo dal romanzo gotico alla fondazione di quello fantascientifico, è poi ripensato da molt^ studios^ come una figurazione del possibile – figurazione e favola di un mondo non riproduttivo – dalle vivaci ramificazioni contemporanee nella filosofia postumana. Toccare il non umano, il mostruoso, l’artificiale, sentirne la carne. Il confine pericoloso tra vivente e non vivente. I processi di composizione e decomposizione. Cellule che si autorigenerano fuori dal corpo umano, tecnologie di hackeraggio della riproduzione e Intelligenze Artificiali in rivolta… La notte in cui Mary Shelley sogna Frankenstein ad occhi aperti ricorda la notte in cui lo scienziato vaga raccogliendo frammenti di cadaveri, come la notte primitiva, dell’inizio del mondo. Scenari di creazione, immaginazione mostruosa. La natura è in tumulto. Nei paesaggi estremi, raggelati, dolorosi, due figure si inseguono, cercando ripari. Rabbia, amore, inquietudine, orrore, e ancora amore, amore, un eccesso di amore non corrisposto. «Non vedevo né sentivo parlare di nessuno simile a me» – come l’umano, unico della sua specie, anche la creatura è un unico. La solitudine radicale di una creatura inascoltata, intoccabile, che non trova nessun altr^ a cui parlare, che possa pronunciare il suo nome. È sui confini che i mostri proliferano. Tra i mondi. E qui, tra le cuciture suturate di carni e pelli diverse, questo lavoro prova a stare. Il mostro generato è “un infelice”, “a wretch”, come si dice di chi parte svantaggiato, di chi nasce non perfettamente equipaggiato per l’avventura del mondo: ma si ricordi bene che monstrum deriva da monēre, ammonire, e nel monito c’è sempre qualcosa di prodigioso…
We need Monsters
and we need to recognise
and celebrate
our own monstrosities.
(J. Halberstam )
Foto
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